Scienza, costruite in laboratorio due proteine che scovano e poi uccidono le cellule tumorali e salvano quelle sane. Lo studio è stato condotto da un gruppo di scienziati dell’università californiana di Stanford guidato da Hokyung Chung. Pubblicato sulla rivista Science, il risultato apre per la prima volta in modo concreto a trattamenti con meno effetti collaterali di quelli attuali.

“Da sempre cerchiamo un modo per uccidere le cellule tumorali evitando di colpire quelle sane”, ha dichiarato il neurobiologo, Michael Lin, uno degli autori della ricerca. “Le cellule tumorali – ha proseguito – si sviluppano a partire da segnali difettosi che permettono loro di crescere in modo inappropriato e incontrollato. Quello che abbiamo fatto è entrare nelle cellule malate per ridirigere i loro segnali sbagliati verso qualcosa di utile”.
I ricercatori sono così riusciti a ‘violare’ il codice di accesso delle cellule del cancro, penetrando al loro interno e riscrivendone i segnali. L’approccio, chiamato Raser, si basa su una prima proteina, che viene attivata quando il segnale di crescita nelle cellule tumorali è acceso, e su una seconda che innesca la ‘missione’ programmata dai ricercatori, lavorando sui geni coinvolti nella morte cellulare. Per riuscire in questo i ricercatori sono partiti da due recettori delle cellule tumorali, chiamati EGFR e HER2: entrambi fanno parte della famiglia dei recettori ErbB, che guidano la crescita dei tumori di cervello, polmoni e seno; sono anche gli stessi recettori presi di mira dai farmaci chemioterapici che agiscono bloccando la cascata di segnali avviata dalla loro attivazione. Il grande limite di questi farmaci è però non riuscire a distinguere tra cellule sane e malate.
“Non abbiamo mai avuto un farmaco che riconosca la differenza fra un insieme di segnali normale e uno anomalo”, ha osservato Lin. “Per questo – ha aggiunto – abbiamo bisogno di una strategia migliore di un approccio più razionale per trattare i tumori”. Il secondo passo è stato progettare e costruire in laboratorio una proteina sintetica fondendo insieme due proteine naturali: di queste, una si lega ai recettori ErbB, mentre l’altra taglia una specifica sequenza di amminoacidi, sganciando il suo carico dentro la cellula.
“Quando il recettore della proteina è attivo, come avviene nelle cellule del tumore, il carico rilasciato dall’altra proteina si accumula nel tempo, agendo solo sulle cellule malate”, ha concluso Chung.