Salvatore Parolisi resta in carcere. A deciderlo la Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso presentato dai legali del militare accusato di aver ucciso la moglie Melania Rea, contro l’ordinanza di custodia cautelare del tribunale del Riesame de L’Aquila.
E così il tentativo di fare tornare a casa il caporal maggiore è stato inutile, così come sono state giudicate ininfluenti dai giudici della Suprema Corte di Cassazione, le prove che secondo i legali dovrebbero scagionarlo dall’aver commesso l’uxoricidio.
Secondo quanto sostenuto dalla difesa, il loro assistito sarebbe del tutto innocente e a provare questa tesi sarebbe il fatto che quel giorno Parolisi indossava una maglia a maniche corte, mentre le risultanze delle indagini dimostrerebbero che la traccia di sangue lasciata sulla coscia di Melania Rea era stata lasciata da un polsino di una camicia a maniche lunghe.
Ma i giudici non hanno ritenuto sufficiente questo particolare a scagionare l’imputato o, comunque, a concedergli i domiciliari.
Resterà ora da vedere, nel prosieguo delle indagini e al momento dell’inizio del processo se i legali dell’imputato saranno in grado d produrre altre prove o circostanze in grado di scagionare il loro cliente.
Il Parolisi è ormai recluso nel carcere di Teramo da 131 giorni, da quel 23 agosto quando il Tribunale di Teramo aveva emesso l’ordinanza di custodia cautelare.
Uno degli altri misteri italiani ancora da risolvere, anche se questa volta gli inquirenti ritengono di essere nel giusto, visto che le prove in loro possesso sembrano dar loro ragione. Si vedrà nel dibattimento, quando avrà inizio, se il teorema accusatorio riuscirà a dimostrare, senza ombra di dubbio, che il Parolisi ha veramente ucciso la moglie in quella giornata che invece sarebbe dovuta essere una giornata di svago e di vacanza per una tranquilla famiglia. Invece quella giornata si è conclusa in tragedia, come tutti sanno.